Questo è il momento per i dipendenti pubblici di stare davanti e come si dice in gergo mettersi a tirare.
La seconda ondata della pandemia di Covid-19 si proietta oltre l’orizzonte del 2020, anno già profondamente martoriato. Lo fa sia dal punto di vista clinico che da quello economico e sociale. Un impatto che influisce sul destino di ognuno di noi. Non vi è alcun dubbio che la pandemia sia stata un tema chiave per le appena celebrate elezioni presidenziali negli Stati Uniti.
Il presidente neo eletto, Joe Biden, ha indicato come prioritaria un’America che “non lasci nessuno indietro” e l’atteggiamento della nuova Casa Bianca, operativa dal prossimo 20 gennaio, segnerà i processi politici globali. In Italia i provvedimenti presi con i decreti Ristori e Ristori bis hanno l’obiettivo principale della coesione sociale, grazie agli aiuti economici alle imprese in perdita, alla cassa integrazione, al reddito di emergenza, alle indennità per i lavoratori e non solo. Perché di fronte a una crisi così spaventosa nessuno deve restare indietro. Almeno questo è lo slogan più volte proclamato dall’esecutivo anche se al momento, in più di una circostanza, forse troppe, alle parole non sono seguiti i fatti.
Credo si possa dire che si tratta di provvedimenti maggiormente orientati a rispondere alle circostanze, spesso confusi, lasciando l’impressione di un Governo che navighi a vista e non in grado di organizzare riforme strutturali. Rimane la sensazione che sia il virus a vincere e che non ci siano prospettive per il futuro.
Proviamo, però a riflettere un secondo su come sono andati gli ultimi giorni; proviamo farlo in modo razionale e senza partigianeria. Magari le mie valutazioni sono eccessivamente critiche e condizionate dal sentimento di pessimismo, se non di rassegnazione, che manifestano imprenditori, artigiani e commercianti e non solo.
Partiamo dalla Cassa Integrazione. Le imprese che sospendono o riducono l’attività lavorativa a causa del Covid-19 hanno a disposizione altre 6 settimane di Cassa Integrazione Ordinaria. Possono accedere a tale misura i datori di lavoro ai quali siano stati già interamente autorizzati i periodi previsti dai precedenti provvedimenti. La misura è finanziata con oltre 3 miliardi e mezzo di euro per l’anno 2020.
Estrapolato da qualsiasi contesto, il provvedimento pare centrare l’obiettivo di coesione sociale di cui si scrive in precedenza. Mai come in questa situazione vale, però, il detto che la mappa non è il territorio. Per capirsi è un po’ come con i quiz per il superamento dell’esame della patente. Nel manuale sono riportate situazioni ordinatissime, prive di traffico, di lavori in corso, di pedoni o ciclisti, di strade piene di buche ecc.
Il provvedimento non fa una grinza, peccato che è il medesimo meccanismo che non ha funzionato in tutti questi mesi, che ha lasciato molti lavoratori dipendenti a bocca asciutta, o che ha costretto alcuni datori di lavoro, almeno quelli che se lo sono potuto permettere, ad anticipare la CIG ai propri dipendenti.
Se poi allarghiamo il concetto ad altri ambiti, come per esempio la scuola l’analisi diviene ancor più impietosa. Il ministro dell’istruzione Azzolina ha dichiarato la settimana scorsa ai media che “servono i tamponi rapidi che ora Arcuri ha comprato”; si è detta disponibile a ragionare sullo scaglionamento degli ingressi a scuola e, dulcis in fundo, ha rivelato di aver chiesto un’organizzazione coerente ed organica per quanto riguarda i trasporti. Insomma al ministero stanno facendo il piano per il rientro a scuola tre mesi dopo il rientro a scuola.
La galleria degli orrori, ovviamente non può finire qui. Il ministro degli esteri Di Maio, a proposito del decreto Dignità, uno dei punti cardine della politica dei penta stellati, ha scritto che grazie a questo provvedimento c’è stata una conversione del 300% dei contratti a tempo determinato in indeterminato. Come sia possibile, da un punto di vista matematico, una conversione del 300%, lo sa solo il ministro. Evidentemente in politica la matematica può essere un’opinione.
Scusate la battuta cattiva, mi par di capire che i “grillini” non vadano molto d’accordo con il mondo della scuola. La ministra Azzolina è da parecchio tempo in grande difficoltà, Di Maio litiga con la matematica e anche in geografia il movimento non è così ferrato : libici e libanesi non vivono nel medesimo stato.
Più in generale è la classe dirigente che pare in ambasce, confusa e in balia degli eventi. Oramai è come sparare sulla croce rossa, lo so, però il commissario per l’emergenza Arcuri ha saputo stupire di nuovo dicendo che le terapie intensive non sono sotto stress, perché si è scordato di calcolare le persone che finiscono in terapia intensiva per ragioni diverse dal Covid. Il retroscena è che glielo hanno dovuto ricordare e suggerire i medici. Ciò che fatico a comprendere è come, nonostante le ripetute inefficienze del commissario straordinario, il Governo abbia deciso di affidargli, oltre alla distribuzione dei vaccini, anche la gestione dell’ILVA.
Arcuri ha annunciato che comprerà la maggioranza per 400 milioni da Mittal. Abbiamo fatto saltare un contratto blindato con il più grande gruppo del mondo, che prevedeva 1,8 miliardi dati allo Stato e ai creditori e 2,4 miliardi di investimenti e ora abbiamo Arcuri acciaierie. Temo che il tutto finirà come per Alitalia, se non peggio.
Dobbiamo renderci conto che non possiamo andare avanti così. Se ci trovassimo nel bel mezzo di un incontro di basket sarebbe arrivato il momento di chiamare un time out. Siamo in un pantano amministrativo e politico, ma soprattutto culturale. Non riusciamo ad uscirne perché non abbiamo consapevolezza di come ci siamo finiti. Venirne fuori dipende da noi e da nessun altro. È ora di prenderne atto, altrimenti continueremo a ripetere all’infinito gli stessi errori.
In ambito regionale si registrano insofferenze da parte degli Statali che annunciano uno sciopero per la data del 9 dicembre, lamentando la mancanza delle necessarie risorse per lavorare in sicurezza e per avviare una vasta programmazione occupazionale e di sensibilizzazione sul precariato.
Sul tema mi allineo al pensiero dell’ex consigliere regionale della Lega Valle d’Aosta e anche dipendente pubblico Roberto Luboz: in un momento in cui molte attività commerciali, bar e ristoranti sono chiusi per decreto, nonché in momento in cui tanti soprattutto appartenenti al mondo “privato” sono in gravi difficoltà forse non è proprio il momento migliore per scioperare.
Se non si interviene tempestivamente e concretamente questa dicotomia tra pubblico e privato è destinata ad aumentare con il rischio di trasformarsi in scontro sociale. Fino a poco tempo fa si parlava di ricchi e poveri, ora si inizia a ragionare in termini di garantiti e non garantiti. La situazione è molto delicata perché pubblico e privato non sono altro che le due facce della stessa medaglia. L’una contribuisce alla sussistenza dell’altra e viceversa.
Comprendo che la soluzione è complicata per tanti motivazioni, ma in questo momento la parte più in difficoltà sono i “privati”, pertanto un ragionamento serio su come il comparto pubblico possa sostenerli andrebbe fatto. E’ un po’ come per due ciclisti in fuga verso il traguardo, se non si alternano l’uno davanti all’altro e non si sacrificano entrambi, è praticamente impossibile che possano arrivare a giocarsi la corsa; verranno facilmente recuperati dal gruppo.
Questo è il momento per i dipendenti pubblici di stare davanti e come si dice in gergo mettersi a tirare.