Coprifuoco, zone rosse, regioni blindate, divieti, ordinanze settimanali del Ministero della Salute per individuare le aree a rischio: ecco il nuovo Dpcm sull’emergenza coronavirus che rimarrà in vigore dal 6 novembre al 3 dicembre. Previsto un lockdown di 15 giorni per le “zone rosse”, ovvero per le regioni o parti di esse che presentino un livello di rischio “alto”.

Seppur l’emergenza sanitaria sia sotto gli occhi di tutti, sono convinto che non si possa far finta di niente e sia corretto manifestare dubbi e criticità rispetto alle nuove norme. Non è assolutamente chiaro come il governo stia impostando la battaglia al virus. Le disposizioni sono tutte molto generiche e generalizzate lasciando ai territori il dovere di controllare ogni singola situazione, ma senza avere strumenti e unità di forze dell’ordine sufficienti per rispondere con efficacia alla richiesta. Scritto in altri termini l’esecutivo naviga a vista scaricando sulle altre istituzioni le proprie responsabilità.

Le norme continuano ad essere poco chiare e complesse. L’ultimo Dpcm consta di oltre trecento pagine. Tra l’altro, per chi avesse fatto lo sforzo di leggerlo, è anche evidente che l’estensore abbia fatto ricorso diffuso all’escamotage del “copia incolla”. Uno dei tanti esempi: la CIG era fruibile per i dipendenti assunti sino al 13 luglio; ebbene questa data non è stata variata ma copiata e incollata, pertanto i dipendenti assunti negli ultimi mesi non vi potranno ricorrere, nonostante le nuove chiusure per decreto.

Servono misure specifiche a seconda dei territori e delle regioni maggiormente colpite; strumenti efficaci e vademecum chiari per applicare e rispettare i dpcm; risorse economiche mirate in risposta al difficile momento che i vari settori economici saranno chiamati ad affrontare. Tutto ciò richiede un deciso cambio di marcia da parte del Governo. Il punto forse è proprio questo: l’Esecutivo ha nelle proprie corde tale attitudine? Oppure è già al massimo della propria velocità, leggasi capacità? Concordo con chi di recente ha scritto a tal proposito di dilettanti allo sbaraglio. Si continua ad intervenire malamente e pesantemente sull’istruzione, la cultura e settori economici già duramente colpiti.

Non capisco neanche perché Il Governo spesso e volentieri cerchi di giustificarsi ricordando a tutti che la pandemia non risparmia nessuno e colpisce tutta l’Europa. Peccato che l’Esecutivo oltre ai numeri del contagio non menzioni anche le misure economiche adottate da Francia e Germania oppure dall’Inghilterra. Fatta una breve ricerca ecco alcuni numeri: se un lavoratore autonomo francese ha potuto beneficiare di un sussidio mensile fino a 1.500 euro più un aiuto successivo fino a 10mila euro in base alla riduzione del fatturato, i britannici hanno ricevuto un ristoro fino a 3.750 sterline (4.129 euro) per tre mesi per compensare una perdita media di profitti di almeno il 40 per cento, autonomi tedeschi, invece, hanno avuto a disposizione un sussidio una tantum fino a 9mila euro a fondo perduto. Alcune nazioni hanno abbattuto l’IVA per i settori più colpiti oppure hanno deciso per la sospensione delle imposte sui redditi. Del Belpaese ricordo i 600,00 euro (non ricevuti ancora da tutti) e il rinvio delle imposte di mese in mese con il conseguente congestionamento del calendario fiscale.

Non mi è nemmeno chiaro perché si sia distinto tra parrucchieri ed estetiste, lasciando aperti gli uni e chiudendo le altre. Sono entrambe categorie che hanno fatto importanti sforzi economici per rispettare tutte le regole e per svolgere la loro professione in sicurezza. Magari il virus si prende cura di se stesso frequentando maggiormente i centri estetici piuttosto che il barbiere?

Motivo di scontro poi, soprattutto con alcune regioni, sono stati i criteri adottati per determinare le zone rosse, gialle e arancioni. Tra le 21 norme, che contribuiranno a creare una sorta di coefficiente di rischio, troviamo il numero di casi asintomatici, i ricoveri, la percentuale dei tamponi positivi, il numero dei focolai e l’occupazione dei posti letto negli ospedali, terapie intensive comprese. Questi dati saranno aggiornati settimanalmente. Non sarà, dunque, sufficiente analizzare la sola variazione giornaliera dell’indice di contagio Rt (che, come sappiamo, non deve superare la soglia di 1,5). Ogni settimana, poi, i valori decreteranno se una certa regione dovrà essere inserita nella fascia di rischio massima o meno. Un’ordinanza adottata dal Ministero, d’intesa con i governatori, sancirà la nascita di una zona rossa. In un secondo momento, il provvedimento sarà pubblicato in Gazzetta Ufficiale e da lì in poi partiranno i divieti. Le Regioni resteranno in una data area di rischio finché i loro valori epidemiologici non cambieranno. Per fortuna che l’emergenza richiede interventi rapidi e semplici da applicare. Verrebbe da pensare che manca solo l’intervento del VAR per sancire l’inoppugnabilità della decisione.

Sempre a proposito dei 21 criteri di valutazione, la nostra Regione è attualmente classificata zona rossa. Di per sé dovrebbe essere una notizia di cui prendere atto e alla quale adeguarsi con l’obiettivo di migliorare i propri numeri nelle prossime due settimane, se non fosse che, come comunicato da Silvio Brusaferro, Presidente dell’Istituto Superiore di Sanità, il risultato è da addebitare ai ritardi nella trasmissione dei dati sul Covid dalla Valle d’Aosta al Comitato tecnico scientifico. Se confermato rappresenterebbe un fatto grave. Molte aziende commerciali sarebbero ora aperte e forse la stagione invernale non così compromessa. E’ notizia di questi giorni che l’Interski abbia annullato l’intera stagione invernale 2020 – 2021, colpo durissimo da assorbire per l’intero comparto turistico valdostano.

In questo contesto così difficile è, direi anche giustamente, passata del tutto inosservata la notizia dell’ennesimo tilt del sistema informatico della pubblica amministrazione. Mi riferisco al click day organizzato per il bonus mobilità. Dopo pochi minuti il sistema si è bloccato per via delle troppe domande e di conseguenza molti contribuenti sono rimasti a bocca asciutta. Tanto per capire qual è il peso della nostra Regione in Italia, vi scrivo che almeno per un paio di ore i cittadini aostani, pur essendone legittimati, non hanno potuto presentare la domanda perché Aosta non era inserita nel menu delle città i cui abitanti avevano diritto a beneficiare del contributo. Esponenti della nostra politica hanno parlato di un bug informatico. Mi è venuto subito in mente Tridico che aveva rilasciato più o meno la medesima dichiarazione quando a saltare fu il sistema informatico dell’INPS. Comunque nella giornata di oggi i “ritardatari” potranno completare la domanda.

In generale, in Valle d’Aosta come nel resto del Paese ecco nuovamente il ritornello più volte sentito in questi mesi, ossia dobbiamo lavorare tutti insieme e soprattutto nei momenti di crisi deve prevalere l’unità nazionale ecc. Questi mesi ci dovrebbero aver insegnato che l’Italia ha bisogno che tutti lavorino nella stessa direzione, però non posso che constatare che stiamo tornando al passato, coi decreti partoriti a mezzanotte e in vigore la mattina dopo senza che nessuno ne sappia niente. Gli imprenditori, i sindacati, i sindaci, gli insegnanti chiedono di essere ascoltati, ma nessuno li prende in considerazione e invece sono proposte soluzioni ridicole pensate per devastare interi settori della nostra economia senza risolvere alcun problema. La misura è colma o forse dovrebbe esserlo.